Come cambia il rapporto col cibo nell’era del digitale
Dal voyeurismo all’ossessione del “frienn magnann”
Siete così appassionati di cucina che avete trascorso i giovedì, venerdì, sabato (e tutti gli altri giorni in cui i programmi venivano trasmessi in chiaro, o in streaming, o in replica), incollate alla televisione per vedere Masterchef Italia (e Spagna, Canada, America, Australia, e tutti gli altri Paesi in cui sia stato girato), Il più grande pasticciere, Bake off (grandi e piccoli), Benedetta Parodi in tutte le salse (con Cotto e Mangiato, che adesso su altra rete è diventato Pronto e postato, i Menù di Benedetta, Molto bene, La cuoca bendata), e tutte le salse pure dello chef Rugiati, Rubio, Cannavacciuolo, Cracco, e tutti gli altri grandi cuochi blasonati?
Tanto vi piace cucinare che Chiara Maci, Chiara Peronaci e Nigella Lawson sono per voi delle icone?
E allora cosa aspettate a metter su un vostro blog di cucina?
Perché oggi, nel pieno dell’era digitale, il rapporto col cibo è profondamente cambiato, e se non si posta è come se non si fosse mangiato, e dato che si mangia prima con gli occhi (vista l’ossessione per la magrezza, forse sarebbe più giusto dire: si mangia solo con gli occhi) via a fotografare cene, buffet, brunch, colazioni, cibarie varie ed eventuali.
E non solo quando sono direttamente cucinate da noi, ma anche quando vengono preparate dai cuochi dei locali (più o meno famosi e costosi) che frequentiamo, o dalle amorevoli mani di mamme e suocere (attente, in quest’ultimo caso, a verificare che non siano accidentalmente cadute delle gocce di guttalax nella pietanza in questione: scherziamooooo!).
Una volta scattate, le immagini vengono regolarmente condivise con l’hashtag #foodporn, collocato a metà della classifica tra i 100 più utilizzati dal popolo di Instagram, per finire in un calderone che sfama gli occhi del popolo virtuale (tra gli altri cancelletti, quelli maggiormente adoperati sono #breakfast, #instafood, #cake, #coffee).
Non vogliamo soffermarci su quello che sostengono alcuni psichiatri, per i quali il cibo è diventato un’ossessione, la mania di fotografarlo è assimilabile alla Selfie Addiction, e il tutto rappresenta un’altra manifestazione di quelle malattie sociali tipiche dell’età digitale legate all’estrema solitudine collettiva.
Ci basta dire che in effetti il successo dei tanti blog di cucina di cui pullula la rete è frutto di un’iper-esposizione del cibo, della quale si contendono lo scettro chef prestati alle telecamere e navigate foodblogger.
A proposito dei blog di cucina
Era il 1997 quando il primo food blog venne pubblicato in America (Chowhound, e ancora esiste!), mentre oggi è quasi impossibile quantificarne il numero: solo in Italia se ne contano decine di migliaia.
Il primato della longevità e della visibilità in rete qui nel Belpaese (non il formaggino, ma lo stivale!) spetta a Il Cavoletto di Bruxelles di Sigrid Verbert, seguito da Un tocco di zenzero della torinese Sandra Salerno; mentre Chiara Maci ha esordito nel 2009 con Sorelle in Pentola. Al secondo posto Anice e Cannella, seguito da Un dejeuner de soleil e Il Pranzo di Babette. Giallo Zafferano invece, nato nel 2006, oggigiorno ha perso la veste originaria di blog per diventare un sito vero e proprio.
La lista potrebbe continuare pressoché all’infinito, con Le ricette di Misya, Viva la focaccia, Csaba dalla Zorza, GiKitchen, La cuochina sopraffina, ma quello su cui vogliamo concentrarci è l’evoluzione subita dai siti e i blog di cucina: la differenza più visibile è che mentre inizialmente le ricette affondavano le radici nella cucina e nella vita familiare, oggi si è passati sempre di più alla narrazione (fatta di poche parole e molte immagini) di eventi, luoghi, esperienze al di fuori dei fornelli di casa propria, dove il prodotto di stagione e la ricerca della materia prima sono ormai un segno distintivo, ma dove spesso vengono proposte (o rifatte) le sperimentazioni culinarie di chef e cuochi blasonati.
Le app per cibo a domicilio
Se nei blog di cucina, come detto, prima che il palato si soddisfa la vista, nella vita reale accade spesso e volentieri che la preparazione del cibo richieda un tempo, una cura, un’attenzione, che non si è più in grado di dare (o che ci si annoia di concedere).
Ecco spiegato il motivo della diffusione delle app per cibo a domicilio, che riescono a prendere piede, anche se con un po’ di fatica, pure in Paesi come l’Italia, dove la cucina è un rito.
Partiamo dalla pizza, cibo-must per noi italiani: assaliti dalla pazza voglia di margherita o capricciosa, potete adoperare PIZZABO, ordinando pure un bel gelato per dessert.
Ancora pizza, ma pure sushi e kebab, nel menù di JUSTEAT, che consente di pagare con PayPal, o di essere serviti a domicilio da un robot se si ordina a Londra!
Siete a Roma o Milano? DELIVEROO è l’app che permette di ordinare online e ricevere direttamente a casa vostra i piatti inseriti nei menù di diversi ristoranti e locali delle due città.
Nella capitale MOOVENDA vi permette addirittura di vincere sconti e credito da utilizzare alle prossime consegne.
Mentre nella città meneghina (come pure a Rimini) BACCHETTE E FORCHETTE è un app che non solo consente di ordinare pranzo, merenda e pasto serale, ma anche di prenotare una cena-regalo per la vostra migliore amica.
Se invece con le amiche siete spaparanzate in spiaggia a Jesolo e proprio non vi va di alzarvi, scaricate l’app di FOODRACERS e il gioco è fatto!
Spezziamo una lancia in favore di questa moda? Proviamoci!
Contro quanti sostengono che in questo modo si alimenti la cultura del fast food e del “cibo spazzatura”, basato su un’alimentazione troppo grassa, priva di vitamine e fibre e quindi poco digeribile, che ha un’incidenza primaria in malattie come l’obesità, le disfunzioni del fegato e dell’apparato cardio-circolatorio, si potrebbe precisare che in realtà le app per cibo a domicilio non comprendono solo hamburger, patatine, gelati e pizze, ma anche piatti di carne, pesce, vegetariani, e tutto quanto normalmente è offerto dalla “ristorazione in loco”.
Anzi, a tal proposito è possibile osservare che, quando è la donna a ordinare tramite app primeggiano il sushi (piatto sofisticato, light, che necessita di pochi accorgimenti per il consumo, dato che non va scaldato), e il cibo “healty” (ideale per rimanere in forma in vista dell’estate e della prova costume); quando è lui invece a decidere, la scelta cade su pizza o pollo: pare che però in una cosa si somiglino, uomini e donne, e cioè la percentuale di utilizzo delle applicazioni per la consegna del cibo a casa: quasi un 50 e 50!
Un sostanziale cambiamento si può notare invece rispetto ai giorni che mediamente risultano i più gettonati per consumare cibarie ordinate online tramite applicazioni scaricate sul proprio cellulare, e cioè il sabato e la domenica sera (quando si concentrano il 60% degli ordini): in definitiva, se per noi italiani la domenica era classicamente giorno dedicato al pranzo familiare, con l’immancabile ragù che per essere preparato a regola d’arte richiedeva ore e ore, oggi la diffusione del cibo consegnato a domicilio tramite app testimonia di una trasformazione socio-culturale!
Tuttavia, pur volendo spezzare questa lancia a favore, non sempre ci riesce per tutti: leggete qui e fatevi un’opinione in merito a quale delle app per ordinare cibo consegnato a casa vi convenga scaricare…
E, giusto per continuare su questa falsariga, ma soffermandoci sull’aspetto squisitamente tecnico, a proposito dell’app di JUST EAT alcuni clienti affermano:
“L’app ormai la uso da anni, ormai ho 50 locali vicino casa che posso “raggiungere” a piacere con l’app e da cui posso facilmente ordinare. Qui finiscono i lati positivi. L’app ha bisogno di un aggiornamento grafico piuttosto pesante, e devo confessarvi l’enorme delusione, dopo l’ultimo aggiornamento, nel vedere che praticamente hanno solo aggiunto una simpatica animazione all’avvio dell’app. Ormai credo sia semplice codarda pigrizia. Osate un po’, aggiornate il layout grafico, fate un passetto in più. Dopo un po’ anche la sicurezza di ciò che ha sempre funzionato stanca…”
“Il servizio è semplicemente perfetto. Per quanto riguarda l’app una sola pecca: le foto dei vari piatti! Se il ristorante lo conosci no problem ma se non sai com’è, la foto del piatto è fondamentale a mio avviso”.
“La uso spesso quando col camion mi trovo a fare la pausa mezzogiorno in qualche posto che non posso muovermi, e credo che sia una buona idea ma va migliorata”.
(opinioni riprese dal Itunes, da cui l’app viene scaricata).
Ad essere severi poi le “controindicazioni” di questo tipo di servizio non mancano:
- trattandosi di una modalità comoda potrebbe indurre pigrizia e nei casi estremi un consumo eccessivo di cibo
- sebbene i siti di delivery segnino i tempi di consegna l’imprevisto è dietro l’angolo e i ritardi non sono infrequenti
- se la consegna a domicilio di cibo diventa un vizio, si rischia l’annullamento della vita sociale
- al costo del prodotto va sommato quello della consegna, che a fine mese potrebbe essere rivelante se l’app la fate macinare a più non posso!
La conclusione? Scaricatela pure un’app per cibo a domicilio, usatela un paio di volte, e poi scordatela tra le altre decine di cose poco utili che di solito intasano i nostri telefonini!
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