Brand awareness e storybranding

Brand awareness, dalla piramide di Aaker allo storybranding

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Qualsiasi azienda intenzionata a promuovere il proprio marchio ha bisogno di sfruttare gli strumenti digitali per raggiungere questo obiettivo:  il web marketing costituisce – pertanto – un passaggio obbligato da affrontare ai fini della costruzione e del miglioramento della brand awareness.

Che cos’è la brand awareness

Il concetto di brand awareness può essere tradotto come consapevolezza, conoscenza di un marchio da parte dei consumatori: esso, quindi, ha a che fare con l’appetibilità di un brand, e cioè lo stato di gradimento da parte dei clienti e dei non clienti.

Tra i tanti strumenti a cui si può ricorrere per far crescere la brand awareness ci sono i gadget: che si tratti di penne USB o di accessori meno tecnologici come delle semplici t-shirt, essi hanno il pregio e il potere di diffondere e comunicare un logo.

Il web marketing e la brand awareness

Tuttavia, è soprattutto il web marketing che offre l’opportunità di ottenere risultati significativi dal punto di vista della brand awareness. Per usufruire di un posizionamento ottimale su Google, il ricorso alla Seo è inevitabile: in caso contrario, diventa pressoché impossibile riuscire a essere trovati e individuati da parte di potenziali clienti. Altrettanto importante, inoltre, è la reperibilità sui social network, che consente di raggiungere più facilmente e più direttamente il target a cui si intende arrivare, con un ampio ventaglio di opportunità di comunicazione da sfruttare.

I fattori decisivi

Misurare la brand awareness relativa a un marchio o a un’azienda può essere molto difficile, dal momento che i fattori e le variabili da prendere in considerazione sono molteplici. Si tratta di capire che cosa può far sì che un certo marchio si fissi nell’immaginario e nella mente dei consumatori al punto che gli stessi lo prendano in considerazione come la prima opzione a cui far riferimento nel momento in cui sono interessati a comprare un certo servizio o un certo prodotto.

Appare evidente che, con l’aumentare della brand awareness, la redditività di un’impresa non può che crescere: è ovvio che un numero di clienti maggiore comporta un fatturato superiore e un volume di affari migliore.

La Piramide di Aaker

Per misurare la brand awareness, e quindi il gradimento di un marchio, ci si può affidare alla Piramide di Aaker, che propone una rappresentazione simbolica dei diversi gradi di appetibilità che può avere una marca. Non bisogna dimenticare che la brand awareness non è qualcosa di tangibile, ma – piuttosto – un valore che è presente unicamente nella mente dei consumatori.

In che cosa consiste, allora, la Piramide di Aaker?

Alla base di questa piramide si trova la mancata conoscenza del marchio: a mano a mano che si sale, poi, si passa da una conoscenza superficiale a una consapevolezza sempre più approfondita.

La punta di Aaker

La cima della Piramide di Aaker propone il top of mind, un livello in cui il marchio è il primo pensiero di un soggetto in procinto di compiere una determinata esperienza di acquisto. Più semplicemente, la punta di Aaker equivale alla fidelizzazione completa. Insights su Facebook e Analytics su Google sono i tool di cui ci si può servire al fine di misurare la brand awareness: il primo permette di verificare il livello dei commenti che riguardano il brand, mentre il secondo offre un responso meramente quantitativo sul traffico di un sito web.

Lo storybranding

Infine, non ci si deve dimenticare dello storybranding, che consiste nello sfruttare lo storytelling a favore della diffusione della consapevolezza di un marchio: per riuscirci ci si può affidare a narratori locali, nazionali o addirittura internazionali, ma prima è fondamentale definire gli obiettivi da raggiungere e i canali da presidiare per una comunicazione adeguata.

Segui il link per leggere un approfondimento sullo storybranding su visibilita.net

Giuseppe Barbagallo
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